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sabato 19 febbraio 2011

Il Pornosabato dello Splendor


Sono anch'io di Sompazzo, un paese piccolo che una volta era ancora più piccolo. Ero giovane ed i tempi erano diversi. Allora nel nostro paese il massimo del peccaminoso erano i calendari da barbiere e quelli da meccanico. Alcuni erano celebri, come il calendario delle gomme Fazioli, in cui miss Gennaio aveva un bikini di catene da neve e miss Luglio si abbronzava spalmandosi l'olio dei freni. Noi ragazzi andavamo a turno nell'officina per guardarlo, e c'era un raccoglimento da Louvre. Una volta che un rappresentante portò da Roma la famosa foto di Marylin nuda sul velluto, ci fu nella zona la perdita di 600 ore lavorative, e bisognò dividerla in quattro per soddisfare le richieste.
Andò avanti così fino a quando non si aprì a Sompazzo il primo locale veramente moderno e spregiudicato, il cinema Splendor.
Esternamente non era un gran che: l'entrata sembrava un ambulatorio dentistico, la cassa era un tavolo da cucina e il servizio bar era sempre aperto, nel senso che se dalla finestra chiedevi una birra dal bar di fronte te la lanciavano al volo. L'interno, opera del geometra Portogalli, era invece di gusto squisito. Oltre alle sedie di un delicato verde rana e al pavimento in marmolato, di particolare bellezza era il soffitto. Ad esso il geometra, dopo aver sentito parlare di "cinema a luci rosse", aveva appeso ventotto mostruosi globi purpurei uno accanto all'altro in una struttura imitante la catena molecolare. Questi globi però non funzionavano mai più di tre alla volta, anzi quasi a ogni proiezione un globo cominciava a friggere e scoppiettare coprendo l'audio, al che la maschera gridava: "Occhio alla mela" e tutti trovavano rifugio sotto i sedili. Il globo precipitava esplodendo e il film poteva riprendere.Abbiamo detto "la maschera". Infatti il padrone del cinema, avendo appreso che tutti i cinema seri hanno una maschera, aveva vestito il figlio di dodici anni da Zorro. Zorro aiutava la gente a trovare il posto e li invitava a tenere le scarpe, almeno per il primo tempo.
La programmazione iniziale del cinema Splendor fu varia, dovendo accontentare un pò tutti. Il primo cartellone era scritto interamente a mano e, se ben ricordo era il seguente:
Domenica - Film Breve incontro con Trevor Ovard e Celia Gionson. Sentimentale americano per tutti.
Lunedì- Missione disperata - Con Gary Cooper - Guerra azione e bombardamenti per chi non ne ha avuto abbastanza.
Martedì - I sette samurai. Per persone di una certa cual cultura.
Mercoledì - Riposo.
Giovedì - Bambi - di Walt Disney - Una delicata fiaba per grandi e piccini.
Venerdì - Maciste contro il Minotauro - Con Maciste. Per tutti.
Sabato - Giochi proibiti di ragazze per bene - di Adults Only - vietato ai minori di 16 anni.
L'apparizione del cartellone suscitò molti e svariati commenti. I bigotti del paese dissero che eravamo ormai una succursale di Sodoma, che la maggior parte di noi riteneva in provincia di Parma. La proprietaria del bar, Rita detta Ritona, opinion-leader delle donne, obbiettò che "o si é per bene o si fanno i giochi proibiti", lei non era moralista ma "ci piaceva la precisione".
Molti chiesero chi era Adults Only e il padrone del cinema rispose che era un regista americano specializzato in film porno e c'era il suo nome su moltissime pellicole. Dante il rappresentante litigò col geometra sui nomi in inglese, soprattutto sul fatto se Gary Cooper si pronuncia Coper o Cuper.
- Ignorante - diceva il geometra - non lo sai che la doppia o si pronuncia "u"?
- Ah sì? - rispose Dante e tu come dici, cooperativa o cuperativa?
E la ebbe vinta.
Il debutto col film sentimentale americano ebbe un grande successo, ma poiché erano intervenute tutte le vecchiette mezzo sorde del paese, ogni tanto qualcuna si alzava in piedi e diceva: - Non ho capito cosa hanno detto, torni indietro per favore. - E l'operatore ripeteva la scena. Così Breve incontro durò esattamente cinque ore e mezza.
Anche per Missione disperata ci fu qualche problema. Dovete sapere che ai quei tempi non era possibile che sullo schermo apparisse un aereo senza che tutti cercassero di abbatterlo con la bocca. I più famosi rumoristi da cinema, allora, erano i tre fratelli Miti, i quali erano in grado di emettere qualsiasi suono dalla mietitrebbia al grillotalpa. Perciò appena sullo schermo apparve la squadriglia giapponese, dalla sala partì una controffensiva che fece tremare il soffitto e schiantare quattro globi.
Cominciarono a volare bottiglie e scarpe, e quando apparve l'ammiraglio Yamamoto dall'ultima fila si alzò tale Bigattone, ex partigiano, e tirò un gran fucilata sullo schermo. All'uscita, a chi chiedeva com'era finito il film, il pubblico unito rispose "Non lo so, ma abbiamo vinto noi."
Al film del martedì c'era un pubblico misto. Gli intellettuali della zona, e anche molti salumieri e commercianti, perché era girata la voce che il film si chiamava "i sette salumai", vita amore e morte nel sordido mondo dei prosciutti.
Quando Bigattone vide di nuovo i giapponesi, si lamentò perché non lo avevano avvertito di riportare lo schioppo. Inizialmente la spaccatura in sala fu netta. Dalla fila dei salumieri volavano pernacchie come sciabolate e da quella degli intellettuali dei "Zitti!" astiosi. Poi, poco alla volta, il film conquistò tutti. Finì con il pubblico in piedi a roteare sedie e a incitare Toshiro Mifune. Seguirono due mesi di giapponesizzazione della zona. Tutte le volte che si andava a comprare un etto di mortadella i salumieri si esibivano in numeri di spada con l'urlo e ce n'era uno, Maramotti, che cambiò il nome in Maramoto e obbligò la moglie a mangiar polenta con i bacchettini.
Riposo fu un grande successo perché in trenta pagarono il biglietto e andarono dentro a dormire.
Giovedì Bambi fece sessanta spettatori e trecento gelati.
Venerdì per Maciste c'era il tutto esaurito. Qualcuno era venuto addirittura vestito da Maciste, cioè senza maglietta. Sudavamo come bestie, perché c'era vera partecipazione allora, e tutte le volte che Maciste alzava la clava partiva l'urlo "Giù l'asso di bastoni", e quando tirava su un macigno metà sala si alzava in piedi, gonfiava il collo e sollevava per solidarietà chi una sedia, chi la moglie. Alla fine del primo tempo parecchi non ce la facevano più dal mal di schiena, e c'era ancora da affrontare il Minotauro.
Il secondo tempo iniziò con la danza del ventre eseguita dalla ballerina sudamericana Chelo Alonso, diva quanto mai amata dalle nostre parti. La scena fu sottolineata da boati di entusiasmo e tentativi di imitazione da parte delle signore presenti, le quali però, avendo una circonferenza assai maggiore della diva, stordirono a culate diversi spettatori.
Alla scena più importante, l'entrata nell'antro del Minotauro, non si sentiva volare una mosca. Quando il mostro apparve ci fu però una certa delusione. Chi diceva che assomigliava alla mucca di Alfredo, chi ad Alfredo stesso. Soprattutto non si era d'accordo sul modo di eliminarlo. Alcuni proponevano il verderame, altri un grosso amo con esca a granoturco. Quando Maciste lo fece fuori a randellate, venne lungamente fischiato perché una bestia non la si ammazza così.
Il film terminava con Maciste che si allontanava a cavallo pronunciando la famosa frase: "Ovunque un forte calpesta un debole il mio posto e là.". Il che causò dieci minuti di applausi e il famoso commento di Bigattone "Allora ne hai da fare dei chilometri, Maciste."
Poi venne il giorno fatale: il pornosabato che cambiò la storia del nostro paese. Alle due del pomeriggio già una cinquantina di uomini si aggiravano nei paraggi del cinema dove si sarebbe proiettato Giochi proibiti di ragazze per bene.
Alcuni portavano sciarpe fino sul naso nonostante fosse maggio inoltrato. La metà fu catturata e riportata a casa dalle consorti. Ad altri nove mancò il coraggio e una volta arrivati davanti alla cassa cambiarono idea e dissero: - Ha mica visto Enea, che avevo appuntamento con lui qui davanti? - e fuggirono. Dimodo ché quando Enea Baruzzi per primo entrò nel cinema, gli chiesero se non si vergognava a fare aspettare tutti quegli amici. Dopo che Enea ebbe rotto il ghiaccio, entrò un manipolo di arditi: io, Bigattone, Ettore, Dante, l'idraulico Talpa, il geometra Portogalli, i fratelli Miti, Spiedino, nonno Celso e per ultima la giornalaia Iris con il figlio Cesarino, perché era convinta che dessero ancora Bambi e nessuno ebbe il coraggio di dirle la verità.
Calò il buio nella sala e fin dalla prima scena, il famoso duetto tra l'idraulico e la cameriera, fioccarono i commenti. L'idraulico Talpa obiettò che il suo collega del film aveva una chiave inglese sbagliata, ma fu zittito. Tutti ci alzammo in piedi e iniziammo a esprimere il nostro apprezzamento con ansiti e sibilii potentissimi. Enea si lamentò che l'interprete maschile copriva continuamente l'interprete femminile e urlava "Via di lì, facci vedere!". Nonno Celso che aveva visto l'ultima coscia nel 1936 e non si ricordava neanche più se era di tacchino, rimase a bocca aperta con le mani in tasca per quel giorno e per i sedici anni successivi. Dante il rappresentante faceva il vissuto e diceva che roba così a Roma si vedeva tutte le sere per strada. La più in difficoltà era naturalmente Iris, alla quale Cesarino chiedeva in continuazione se era proprio Bambi.
- Come no - rispondeva la mamma.
- Ma dov'è?
- Adesso arriva.
Lo choc fu così forte che Cesarino, ancora oggi che ha quarant'anni, ogni volta che va a letto con la moglie lascia la porta aperta perché, dice, magari arriva Bambi.
Finì il primo tempo, segnalato da un fittissimo lancio di birre dalla finestra del bar.
Quando cominciò il secondo tempo da dentro al cinema salirono urla disumane e applausi. Si radunò un po' di gente in strada e Ritona la barista commentò che, dal casino che stava succedendo, doveva essere proprio un gran bel film. E poco dopo, lei e le altre quattro amiche entrarono dentro.
Dopo un minuto dalla finestra del cinema fecero segno agli altri di venire subito perchè era roba dell'altro mondo. Ed entrarono i vecchi e anche le vecchie e i bambini, tanto che il notaio e la sarta democristiana andarono a chiamare il prete.
-Don Calimero, gridarono, Sodoma e Gomorra! Tutto il paese è a vedere il film porcografico. Sono entrate anche le donne e i minori!
Don Calimero si precipitò davanti allo Splendor e con orrore sentì provenire dall'interno una canea di fischi, urla ed esclamazioni di incitamento "Vai vai, vai così che ce la fai".
-Dio mio,cosa è mai diventata la mia parrocchia, pensò, tornò di corsa in chiesa, prese il turibolo più grosso che aveva e si apprestò a sgomberare la sala con i lacrimogeni.
Apparve sulla porta del cinema roteando il sacro attrezzo e gridando:
-Porci, mi meraviglio di voi! Tutti fuori di qui! Non permetterò nella mia parrocchia questa igobile esibizione di glutei e cosce e...
Di colpo Don Calimero ammutolì, guardando lo schermo. Da verde divenne bianco poi rosso congestionato. Un'espressione di rapimento gli si dipinse sul volto. Poi con tutto il fiato che aveva in gola urlò:
-Forza Coppiiiiiiii!
Era successo che, per sbaglio, l'operatore aveva proiettato, al posto del secondo tempo, il cinegiornale con la vittoria di Coppi al giro d'Italia. Ce lo facemmo proiettare tre volte, e sei volte l'arrivo allo Stelvio.
Il giorno dopo il commento fu:
"Coppi è bestiale. Pensa, nel primo tempo scopa per un'ora di fila, poi salta in bicicletta e vince."

Stefano Benni


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