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mercoledì 28 agosto 2013

Attori Associati di Udine, compagnia di cui ho fatto parte per 4 anni

Mi fa piacere pubblicare un articolo uscito sulla compagnia Attori Associati di Udine, di cui ho fatto parte, e che ho trovato per caso su internet


Vittorina Lanfredi, vita da soubrette

di MARIO BLASONI
Venerdì 10 luglio 1960, ore 21, cinema teatro Italia di Pontebba: la compagnia Bixio & Nicoletti presenta lo spettacolo di varietà Carlino Show. Sono anni in cui la rivista, l'avanspettacolo, i recitals musicali riempiono ancora le sale tra un film e l'altro. A Udine chiude il vecchio Puccini, ma tiene banco il Cristallo. E i paesi non sono da meno. Nello spettacolo di Pontebba, come evidenzia la locandina, Carlino è il capocomico Bixio Lanfredi, mentre il ruolo di soubrette spetta a sua figlia Vittorina, affiancata dal marito Franco Nicoletti, bella voce tenorile. La seconda cantante-ballerina è l'altra figlia, Wanda Bixio, ma nel cast ci sono anche mamma Gianna Rossetti e il marito di Wanda, Gino Guidetti, prima autista della compagnia e poi anch'egli attore.
Una famiglia intera sul palcoscenico! Oggi può sembrare eccezionale, ma in passato erano abbastanza frequenti le discendenze artistiche, di padre in figlio e nipote, tramandate fin dai tempi della commedia dell'arte. «E senza alcuna scuola, senza corsi particolari. Io ho imparato da mio padre e mia madre, mia madre da mio nonno...» racconta oggi Vittorina Lanfredi. Classe 1927, cresciuta sulla scena, Vittorina Lanfredi Nicoletti ha spaziato in tutti i generi dello spettacolo: prosa, musica, danza, cabaret... («Mi manca solo la lirica!»). E oggi, dopo aver perduto - poco più di un anno fa - l'amato Franco, compagno di sessant'anni d'arte e di vita insieme, è rimasta l'unica testimone, ancora attiva e "talentuosa", di quella che fu la Compagnia Attori associati Città di Udine. Un gruppo artistico familiare venuto da fuori, ma che in Friuli ha portato Shakespeare e Pirandello nelle scuole, nelle caserme e nei teatrini di paese e raccontato le fiabe a generazioni di bambini. Ricordarlo oggi è come rivivere le magiche atmosfere dei film 
Luci del varietà, di Lattuada e Fellini, e Polvere di stelle, con Sordi e Monica Vitti.
Vittorina è nata a Ravenna, ma il papà era di Ancona. Bixio Lanfredi (1900-1980) da giovane e promettente attore ebbe un ruolo importante come "spalla" di Filippo Tommaso Marinetti, affiancando il padre del futurismo nelle sue conferenze-spettacolo in vari teatri della penisola. Bixio ha sposato l'attrice fiorentina Gianna Rossetti, figlia (d'arte) del conte Adolfo, attore cinematografico («Il nonno era molto bello, sembrava Massimo Serato!»). Hanno avuto anche una seconda figlia, Wanda, purtroppo mancata di recente, che nella compagnia dei genitori è stata attrice, ballerina e coreografa.
Da più di sessant'anni sulla scena, Vittorina ha esordito appena cinquenne («Nella parte dell'angelo della Passione di Cristo»), ma già a 14 anni era la "seconda donna" della compagnia e a 20-22 aveva ruoli di primo piano nei classici di Pirandello, D'Annunzio, Sem Benelli. L'incontro con Franco Nicoletti è stato folgorante. Classe 1923, da ragazzo era scappato di casa per seguire la compagnia di varietà di Fredo Pistoni. Marinaio e cantante a Radio Naia durante la guerra, Franco è approdato alla compagnia di Bixio Lanfredi dopo un'esperienza con l'orchestra di Pantaleon Perez Prado. E dopo, ovviamente, aver conosciuto Vittorina durante uno spettacolo ad Ancona. Garbato chansonnier lui, cantante e ballerina lei, formavano una coppia perfetta. La compagnia è arrivata a Udine pochi anni dopo la guerra. «Portavamo il teatro nei paesi. La base era Villa Santina, di lì ci spostavamo a Enemonzo, Lauco e nelle borgate ancora più impervie. Ci chiamavano "gli scavalcamontagne"! Recitavamo spesso in sale di fortuna, come le latterie».
Si sono sposati nel 1948, a Ugovizza. L'anno dopo è stato inaugurato l'avanspettacolo al Cristallo. Dopo le stagioni d'anteguerra al Puccini e al Cecchini, spettò al cine-teatro di piazzale Cella - come ha spiegato lo storico Mario Quargnolo - rinverdire i fasti del varietà, seppure con la formula ridotta dello spettacolino che precedeva o seguiva la proiezione del film. C'erano giovanotti che sonnecchiavano durante la proiezione cinematografica, ma si rianimavano di colpo all'accendersi delle luci e all'apparire delle ballerine in passerella. Il Cristallo, dove la famiglia Lanfredi-Nicoletti esordì nel 1950, era il regno della compagnia triestina De Rosè, ma si esibiranno anche Cochi e Renato, Tamara Baroni, Antonio De Vico e tanti altri meno noti. L'avanspettacolo a Udine (citiamo ancora Quargnolo) è finito nel 1982, con la compagnia di Tino Cervi che tenne l'ultimo varietà al Cristallo il 2 marzo.
Il piatto forte per gli Attori associati però restavano, in quegli anni, le scuole, al mattino, e le caserme, alla sera. «Ci siamo stabiliti a Udine - spiega Vittorina - proprio perché c'erano molte caserme e mio padre riuscì a ottenere un importante "placet", l'approvazione dei cappellani militari. Apprezzamento più che meritato per moralità, misura e buongusto cui ci siamo sempre attenuti!». Alla Spaccamela la primadonna degli Associati furoreggiava nell'imitazione di Ava Gardner cantando 
Amado mio; per le scuole ha recitato in Anna Frank, nei panni della sorella Edith, accanto a Orazio Bobbio (Peter), il compianto attore triestino della Contrada; al Circolo ufficiali di Udine ha cantato ai thè danzanti domenicali con l'orchestria del maestro Marti; a Milano, con la sorella Wanda, nel 1958 ha recitato con Piero Mazzarella, il popolare Tecoppa; e ha fatto parte anche della compagnia Tuttedonne di Jole Silvani, la vedova di Cecchelin.
Nel '70 si è aperto il Palamostre («Vi abbiamo tenuto più di 50 recite per le scuole»), nel '76 è venuto il terremoto («Abbiamo portato la compagnia - e con essa il nome di Udine - a Milano, Genova e Roma»), nell'80 è mancato papà Bixio. Ma “the show must go on”, lo spettacolo deve continuare. «Lui era il comico, lo ha rimpiazzato mia sorella, che era un'attrice un po' buffa, tipo Sandra Mondaini». Nel '97 se ne è andata anche mamma Gianna, fino all'ultimo sulla breccia. Pochi mesi prima aveva recitato la parte della serva dell'orco nel Gatto con gli stivali al Palamostre: aveva 92 anni! Negli ultimi tempi, la compagnia si era allargata alle forze giovani locali. Tra i collaboratori più assidui il musicista udinese Rocco Burtone, conosciuto negli anni '70, quando suonava con “I Perché” all'Arcobaleno di viale Palmanova. «Ha scritto musiche per noi, partecipando anche a nostre tournée a Roma e delle Marche». Amicizia e collaborazione continuate anche dopo la scomparsa di Franco Nicoletti, avvenuta il 14 dicembre 2008 (avevano da poco festeggiato i 60 anni di matrimonio e di vita artistica). «Volevo lasciare tutto», ricorda Vittorina, che invece ha trovato proprio negli amici e collaboratori la forza necessaria per non mollare. Adesso dà appuntamento ogni mese ai fedelissimi per una serata revival alla Tavernetta di Remanzacco dell'amico Roberto Cicuttini. Ma un saggio indimenticabile della sua grinta lo ha dato la scorsa estate, quando è stata coinvolta da Burtone, al giardino Morpurgo, nelle tre serate di "Udine sul filo della memoria" (dedicate ai personaggi di questa rubrica). Rocco colonna sonora e lei cantante e ballerina irresistibile (accanto a Bettina Carniato): «Siamo come le lucciole...».
©RIPRODUZIONE RISERVATA

venerdì 28 giugno 2013

Cyrano de Bergerac


Cyrano de Bergerac
commedia eroica di
Edmond Rostand
Adattamento in due atti di Gianlorenzo Brambilla
con la collaborazione di Stefania Colombo
REGIA DI
Gianlorenzo Brambilla
 


PERSONAGGI E INTERPRETI
Cyrano de Bergerac: Riccardo Magherini
Rossana, cugina di Cyrano: Monica Faggiani
Cristiano de Neuvillette: Eric Alexander
Conte De Guiche: Sergio Masieri
Le Bret, amico di Cyrano: Sergio Scorzillo
Ragueneau: Antonio Grazioli
Valvert: Marco Ballerini
Lignière, amico di Cristiano: Marco Alberga
Lisa, moglie di Ragueneau: Carla Veronelli
La governante di Rossana: Simona Vergani
Montfleury: Renato Colombo
Uno scocciatore: Bruno Baratella
Un cappuccino: Luca Vaccaro
Capitano Carbone di Castelgeloso: Dario Bertelli
Cadetti di Guascogna: Marco Brambilla, Marco Colombo, Mattia Colombo, Luca Ligato, Alessandro Ghezzi, Cristian Sberna, Marco Sesana, Enrico Veronelli
Ballerine: Ada Bertelli, Romina Elli, Claudia Gaffuri, Maddalena Nicolini, Chiara Parravicini, Sabrina Rigamonti
La Superiora: Marinetta Molteni
Le novizie: IlariaCastelnuovo, Ilenia Martella, Laura Stirnimann,Valentina Tosetti
La cantante: Lella Greco
La fioraia: Ilenia Martella
La vivandiera: Rosanna Pirovano
L'uomo più forte del mondo: Edoardo Canali
L'imbonitore: Renato Colombo
Il fisarmonicista: Attilio Frigerio
L'illusionista: Mago Quik
Il giocoliere: Davide Conti
L'uomo dei barattoli: Carlo Stirnimann
Il venditore di elisir: Luca Vaccaro
I garzoni della pasticceria: Cristian Donghi, Luca Stirnimann, Enrico Zappa
Due bambini: Mattia Canali, Laura Stirnimann
Bellerose, direttore del teatro: Carlo Stirnimann
Spettatori a teatro: Marina Bomman, Ornella Bonalumi, Angelo Castiglioni, Luigi Colombo, Camilla Fumagalli, Manuela Fusi, Paola Marinaro, Norma Parini, Maria Giulia Perego, Antonella Piemontese, Adriano Rocco,
Antonio Signorello, Santa Stranieri, Rosa Tavecchio,
Luigi Tosetti, Adriana Viganò, Piera Viganò




Allestimento scenico
Aiuto regia:Stefania Colombo
Assistente di scena: Sabrina Rigamonti
Scenografia: Francesca Mottana
Costumi: Barbara Veronelli & fratelli
Maestro d'armi: Marco Colombo
Coreografo: Davide Bartesaghi
Assistenti alla scenografia: Carola Minotti, Silvia Pozzi
Realizzazioni sceniche: Lariana Costruzioni e asfalti srl, Rogeno Fratelli Rusconi snc Fabbri, Erba, Dario Bertelli, Angelo Castiglioni, Enrico Giussani,
Ermanno Nava, Dante Pontiggia, Angelo Sangiorgio, Franco Veronelli
Consulenza: Anselmo Gaffuri, Carlo Spinelli
Oggetti di scena: Gianni Tonelli, Angelo Garofoli, Sandy Baldini
Sartoria: Cleme Ballabio, Milena Biassoni, Giuseppina Maspero,
Camilla Minoretti, Erbenia Pazzini, Maria Giulia Perego, Elda Sangiorgio, Santa Stranieri
Acconciature: Daniele Citterio
Trucco:Vanessa Spreafico
Tecnici luci: Giuliano Cicardi, Stefano Cicardi, Francesco Testori
Tecnici audio: Edoardo Bottelli, Luigi Galli, Alessandro Miotto
Adattamenti musicali: Maurizio Bianchini
Gruppo sartoria: Katia Sberna


DOPO IL GRANDE SUCCESSO DI CYRANO DE BERGERAC , DOMENICA 28 LUGLIO UNA REPLICA STRAORDINARIA

Oltre mille spettatori, al Teatro all'aperto Licinium di Erba, hanno applaudito, venerdì e sabato scorsi, le repliche di Cyrano de Bergerac, lo spettacolo prodotto dall'Accademia dei Licini in collaborazione con il Comune di Erba. Tra loro ospiti illustri come Ettore A. Albertoni, assessore regionale alla Cultura e consigliere d'amministrazione della Rai, e Leonardo Carioni, presidente della Provincia di Como. Albertoni ha molto gradito la leggerezza con cui il regista Gianlorenzo Brambilla ha portato in scena la "commedia eroica" di Edmond Rostand, mentre Carioni ha apprezzato la qualità della performance degli interpreti, con cui entrambe le personalità si sono congratulate alla fine della rappresentazione.
L'estate di Cyrano volge al termine, ma non sono ancora finite le occasioni per assistere allo spettacolo. Altre due repliche sono previste venerdì 26 e sabato 27 luglio, con inizio alle 21.30. Le prevendite sono in funzione presso ErbaLibri (c.so 25 Aprile, Erba) e La Libreria di via Volta (via Volta, Erba), mentre i non erbesi potranno prenotare i posti telefonando al n. 031.641019: il biglietto intero costa 15 euro, il ridotto 10 euro (per ulteriori informazioni: Comune di Erba, tel. 031.615.262 - www.accademiadeilicini.it). Ma l'ottimo andamento della stagione ha convinto gli organizzatori a programmare, tempo permettendo, unareplica straordinaria per domenica 28 luglio, sempre alle 21.30. In questo caso non sono previste prenotazioni o prevendite, ma solo la vendita dei biglietti alla cassa del Teatro (dalle 20).
L'estate del Licinium è patrocinata da Regione Lombardia, Provincia di Como, Comunità Montana del Triangolo Lariano e Fondazione Provinciale della Comunità Comasca.
Ma che cosa centra la Dive de l'Empire, valzer e tanghi con l'Cyrano di Bergerac. Forse è l'unica cosa che non è di chiara comprensione, la grande kermesse di imbonitori, venditrici di fiori, di pasticcini, suonatori ciechi, mangiafuoco che popolano la rumorosa fiera iniziale che segue il canto accompagnato dalla chitarra di una suadente voce femminile impegnata appunto nella Dive de l'Empire. Stiamo parlando della rappresentazione andata in scena a Erba al teatro dei Licini sabato 20 luglio 2002, due parole sulla sede, una parco arroccato su di una lieve altura che permette lo scorcio del lago, e la vista sulla cittadina, nato in un'epoca di fermento che ha creato simili strutture teatrali all'aperto in tutta Italia, trova in esso sede da qualche anno una manifestazione estiva che affronta le rappresentazioni sfruttando al massimo le caratteristiche del luogo, palco fisso e strutture verdi del parco.




Non ricordate il "Cyrano de Bergerac"?
Ricorderete sicuramente un suo motto:
"Che cos'è un bacio se non un apostrofo rosa tra le parole t'amo?"
Da più di cent'anni, Cyrano de Bergerac è stato pubblicato nel 1897, lo scomodo ipertrofico tragicomico naso di Cyrano incombe. Il successo del dramma di Edmond Rostand, recitato alla prima rappresentazione dal principe degli istrioni dell'epoca-Benoit Constant Coquelin- si è ripetuto e continua a ripetersi sui palcoscenici di tutto il mondo. La popolarità del personaggio ne ha fatto uno stereotipo. Ma chi è davvero Cyrano; che cosa rappresenta quella suo enorme naso; qual' è il senso del suo destino eroico e banale; chi è davvero quell'uomo che ininterrottamente combatte contro tutto, contro tutti e, soprattutto, contro se stesso? Cirano è colui che con la forza della penna, dell'intelligenza e del pensiero si ribella. Cirano è anche chi si oppone a ogni visione dogmatica del mondo, siano essi i "preti che vendono a tutti un'altra vita" o gli stessi materialisti che, pur negandolo, fanno del materialismo una fede. Cirano è colui che non piega la testa davanti al potere, ma anzi dei furbi e dei prepotenti si fa beffe. Ma Cirano è anche solitudine. La solitudine di chi non ha modo di comunicare tutto ciò che ha dentro, perché gli altri sono diversi, sono omologati, sone belle “apparenze”. Cirano in questo triste panorama, ha difficoltà a dichiarare il suo amore. Cyrano de Bergerac è noto più per il suo personaggio messo in scena nell'omonima commedia di Rostand che per la sua reale vicenda umana; fu uno spadaccino formidabile, poeta, pensatore libero e audace, nato a Parigi nel 1619 e morto trentasei anni dopo nella miseria. La splendida storia d'amore, coraggio, poesia di Edmond Rostand crea un uomo, un cuore poetico capace delle rime più ardite e delle parole più dolci, che dell’amore ne ha fatto un’arte per cui è giusto duellare, morire, ma soprattutto tacere e soffrire in segreto. L'eroico Cirano, muore in uno stupido incidente, ma trionfa la sua diversità, il suo rifiuto di farsi imprigionare dalle convenzioni sociali, dall'asservimento politico e culturale, dal conformismo ideologico: in una parola, dal potere. Tradotto in prosa e interpretato con il fuoco del movimento, dell'amore, della tensione alla vita e delle pulsioni di morte che pervadono l'animo umano, Cirano smette di essere una macchina da applauso a scena aperta, per diventare una figura umana concreta, riconoscibile nel nostro tempo: ognuno di noi è un po' Cirano o, quanto meno, dovrebbe tentare di esserlo. Cyrano è dunque più vicino a noi, è un eroe antiromantico, decadente, dilaniato dal dolore.
Nel 1936 diventa un'opera lirica notevole il CYRANO DE BERGERAC di Franco Alfano.Il classico Cyrano di Bergerac di Rostand è legato sul palcoscenico dell’Eliseo alla Clamorosa affermazione di Gino Cervi nel 1954. Nel 1978 Domenico Modugno ritornò alla commedia musicale con un "Cyrano" di Riccardo Pazzaglia tratto da "Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand. Duew grandi attori molto diversi tra loro ne hanno dato una loro visione Gigi Proietti e Arnoldo Foà.
Nel 1987 Steve Martin è l'interprete principale nel movie-commedia "Roxanne" diretto da Fred Schepisi, trasposizione moderna del Cyrano. Ma non dimentichiamo un bella versione cinematografica con protagonista Gérard Depardieu che del Cyrano fa una della sue più grandi interpretazioni accanto a quella di Cristoforo Colombo. ( Cyrano de Bergerac Anno: 1990 Nazione: Francia Durata: 135 m Regia: Jean-Paul Rappeneau CAST Gérard Depardieu Anne Brochet Vincent Perez Jacques Weber). Nel film CHIEDIMI SE SONO FELICE (Italia, 2000) di Aldo, Giovanni e Giacomo e Massimo Venier Interpreti: Aldo, Giovanni, Giacomo, Marina Massironi, Antonio Catania, Beppe Battiston, Silvana Fallisi i tre sono aspiranti attori di teatro con un sogno nel cassetto:mettere in scena una loro personale versione di "Cyrano de Bergerac". ..che peraltro presta il fianco all'intreccio amoroso che la bionda e bravissima hostess, interpretata da Marina Massironi, innesca.. ma l'intreccio si ingarbuglia fino a far saltare l'amicizia e il Cyrano.
La Compagnia Teatrale Teatrinitas - Brescia ne presenta una versione rock CYRANOROCK, anche Guccini si è servito di un (anti) eroe della letteratura, quale appunto Cyrano di Bergerac, e della sua storia di amore impossibile. La compagnia Ballet de Marseille tra le sue numerose produzioniannovera anche un Cyrano de Bergerac.
Ma non sempre le produzioni hanno rispettato il personaggio e il destino a volte si è accanito contro Cyrano sulla scena. Tanti registi e attori hanno depredato questo testo per riciclarne i materiali e costruire con le loro rappresentazioni all'insegna dell'effetto o del trionfalismo scenografico, dell'enfasi declamatoria.
Facile cedere alla tentazione: con tutte quelle cappe e spade, quei pennacchi e strascichi, duelli e orpelli, amori languori nostalgie, quel linguaggio così pirotecnico, quelle battute perfette per le cartine dei Baci Perugina.
PS
Di Cyrano de Bergerac si è occupato anche Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane”, in cui lo definisce “ il primo poeta dell’atomismo nelle letterature moderne”, dedicando spazio a qualche passo di uno scritto in cui “Cyrano celebra l’unità di tutte le cose, inanimate o animate, la combinatoria di figure elementari che determina la varietà delle forme viventi, e soprattutto egli rende il senso della precarietà nei processi che le hanno create: cioè quanto poco è mancato perché l’uomo non fosse l’uomo, e la vita la vita, e il mondo un mondo.”( Italo Calvino- Lezioni americane)
Di questo pensiero solo un uomo capace di slanci appassionati nei confronti della grandezza della vita, quale era Cyrano de Bergerac, può rendersi fonte…..ed è giusto proporlo come scintilla di riflessione sulla nostra essenza. Senza inganni bisogna rendersi pari ad ogni materia dell’universo per trovarsi in equilibrio con esso.
Mario Mainino

giovedì 23 maggio 2013

"Uno spettacolo tutto da vivere in diretta, tra il sogno e la realtà del suo autore Sergio Scorzillo" Di Paola Federici

Uno spettacolo tutto da vivere in diretta, tra il sogno e la realtà del suo autore Sergio Scorzillo

La prima a Milano al Teatro della Memoria il 17 maggio e repliche allo Spazio Ohibò Kosba.

Di Paola Federici

Liberamente ispirato alla Ballata dal carcere di Reading diOscar Wilde e al racconto "Charles T.Wooldridge" di Gabriele Bianchi, con Matteo Bevilacqua e Luigi Vitale della Compagnia “Doppiosogno” - Regia di Sergio Scorzillo

Chi è Sergio Scorzillo?

L’autore della “Ballata lirica”, la cui prima è andata in scena il 17 maggio a Milano, accoglieva il pubblico mentre arrivava alla spicciolata al Teatro della Memoria. Salutava amichevole, cordiale, ma dietro al suo sorriso una punta di trepidazione per quella sua opera che stava nascendo quella sera, che era già nata in realtà, ma che quella sera faceva il suo debutto in società, come si usava dire una volta. Il giudizio sulla sua ultima recente creatura l’autore lo ha voluto lasciare al pubblico. L’ha detto quella prima sera, non si è voluto pronunciare prima dello spettacolo, per non influenzare gli spettatori, ai quali ha voluto lasciare ampio respiro nell’avvicinarsi alle molteplici sfaccettature dell’opera. 

Cos’è la Ballata Lirica

Come lo stesso regista è attore eclettico, personalità spiccata e variegata, capace di interpretare un testo mai letto come se facesse parte di sé, un inventore di situazioni e un convinto sostenitore dei sogni e del loro potere, cosi questa sua opera ne è la libera interpretazione: un sogno, con tutti i suoi simbolismi, la realtà dell’accaduto, nella sua crudezza, le parole cosi necessarie ma senza che nessuna fosse di troppo, la poesia delle parole, scandite dai bravi Matteo Bevilacqua e Luigi Vitale, non solo con le voci ma anche e molto con il corpo e la mimica delle espressioni. E che dire del costante doppio del protagonista: sua coscienza e suo specchio, suo ammonitore e suo soccorritore, in un continuo avvicinarsi e allontanarsi, ribellarsi e accondiscendere, giudicare e perdonare. Uno spettacolo teatrale troppo sfaccettato da descrivere a parole, che è indispensabile vivere in prima persona.
Cos'è accaduto quella notte? In un luogo e in un tempo indefiniti… Due uomini, due percorsi.... "non si fa poesia qui"! E poi l'attesa perché "potrebbe arrivare da un momento all'altro". Ma chi? Cosa? "l'attimo in cui... stava per accadere ma ancora non era un fatto, non era storia, non avevi deciso". Ma “Il sogno ci aiuta a vivere, la poesia è l’ancora di salvezza. E la Verità metterà la parola Fine?”

La ballata del carcere di Reading (The Ballad of Reading Gaol)[Tratto da Wikipedia] è un celebre componimento poetico di Oscar Wilde, scritto dopo la sua scarcerazione il 19 maggio 1897 dalla prigione di Reading e pubblicato nel 1898.ll tema principale attorno al quale gravita il racconto è la pena di morte, congiunta al senso di alienazione di ogni detenuto, costretto a compiere quotidianamente azioni ripetitive volte alla pura e semplice sopravvivenza. Wilde fu accusato di omosessualità nel 1895 e, nel novembre dello stesso, condannato a due anni di lavori forzati presso la prigione di Reading nel Berkshire. Fu anche testimone dell'impiccagione di Charles Thomas Wooldridge, uno tra i pochi uomini che conobbe durante la detenzione. Era stato incriminato per omicidio (aveva tagliato la gola alla moglie con un rasoio). Tutto ciò suscitò in Wilde una profonda riflessione sulla maniera in cui tutti possiamo considerarci malfattori, in cui tutti abbiamo bisogno di essere perdonati. In questa prospettiva, i crimini più gravi necessitavano del più grande perdono. La sua profonda fede nella vita come un'opera d'arte (life as a work of art), che fino a quegli anni rappresentò la pura espressione dell'estetismo mondiale, divenne da quegli anni così tremendamente pessimistica che continuò a logorarlo anche dopo la sua scarcerazione fino alla sua morte.


Sergio Scorzillo, scrittore, regista, attore

Nato a Milano, già a sedici anni lavorava in qualità di attore nei principali cabaret di Milano e provincia con la propria compagnia “I Lunatici”, firmando anche tutti gli spettacoli come autore.
Ha seguito corsi d’improvvisazione con Vera Olivero (docente al “Creative Drama” di Buenos Aires),), di Tecnica del Corpo, di Recitazione e di Doppiaggio.
Ha partecipato a stages con Luciano Beltrami (Metodo Decroux), Claudio Orlandini, Enrico d’Alessandro (dizione), Mamadou Dioume (del Centre Internazionale des Créations Théatrales de Paris diretto da Peter Brook), Eugenio Barba (Odin Teatret), Luigi Squarzina (regia), Gabriele Vacis e Laura Pasetti (Charioteertheatre).
Ha lavorato quattro anni da protagonista con gli “Attori Associati” di Udine (in “Cenerentola”, “Il gatto con gli stivali”, “Aladino”), e con il “Teatro Gerolamo” di Milano diretto da Umberto Simonetta nell“Adalgisa” di Gadda, con Rosalina Neri e Luca Sandri.
Ha interpretato parti di rilievo in: “Così è se vi pare”, ”Lazzaro” e “La ragione degli altri” di Luigi Pirandello; “Esperienze di Giovanni Arce filosofo” di Rosso di San Secondo; ”Al Dio ignoto” di Diego Fabbri; “La regina e gli insorti” di Ugo Betti; “La fastidiosa” di Franco Brusati; ”Nina” di Andrée Roussin, ”Pergolesi” di Emilio de Marchi, “La Miliardaria” di G.Bernard Shaw, “Quindici anni d’amore” di Marcel Achard, “Cyrano” di Edmond Rostand “La cantatrice calva” di Eugène Ionesco, "La Tempesta" di Shakespeare, "La zia di Carlo" di Brandon Thomas, “Play” di Samuel Beckett e “Rashomon” da Kurosawa. Ha partecipato agli spettacoli “Varietè”, “La vita-il sogno”, "La forma dell'incompiuto" e "Ondine" diretti da Andrè Ruth Shammath.

Ha al suo attivo molte partecipazioni in qualità di voce recitante in concerti (con piano, con strumenti antichi, con orchestra sinfonica e da camera. Tra le altre, alla prima nazionale con l’Orchestra Vittadini al Fraschini di Pavia, nell’opera di Viktor Ullmann “Der Kaiser von Atlantis”; e tre concerti organizzati dalla Fondazione Mazzotta in occasione della mostra su Paul Klee, con l’Ensemble Klee di Berna). Nel 1988 ha vinto come autore il premio “Carlo D’angelo” al Concorso Nazionale Vallecorsi di Pistoia con la commedia “Passo a due”. Stesso premio ha ottenuto nel 1992 con la commedia “Quello che volevo da me”, pubblicata nella collana Rugginenti Teatro.
Entrambe le commedie hanno avuto una mise en espace al Teatro Filodrammatici di Milano dirette da Claudio Orlandini, regista che ha anche messo in scena di Scorzillo “Testamenti” e “Sotto frammenti di ghiaccio”.

Ha scritto un libretto per un’opera buffa su musica di Roberto Cittadini. Ha rielaborato per il teatro il romanzo di Paolo Roversi "Taccuino di una sbronza" e “Opinioni di un clown” di Heinrich Boll.
Dopo alcune esperienze di doppiaggio e speakeraggio (corso di Doppiaggio tenuto al CTA, con Cip Barcellini), ha ideato la collana Audiobook edita da Rugginenti, dirigendo e interpretando “Scrooge-Canto di Natale”, “Poeti dell’800”, “Poeti del 900”, “Montale”, ”Letteratura del 900”, ”Messaggio per un’aquila che si crede un pollo”, “Neruda”.
Ha inciso in 10 compact disc i testi delle arie da camera di Verdi, Bellini, Donizetti, Rossini, Tosti e Arie Antiche Italiane per la BMG Ricordi/Universal.

E’ regista (“Nina” di Roussin, “Le mura di Damasco” da Strindberg, “Ci rivedremo ad Harvard” di Israel Horovitz, commedia che ha anche tradotto e pubblicato: unica traduzione integrale autorizzata dall’autore), insegnante di recitazione e Consulente Editoria Musicale della Ricordi. Scrive e organizza Cene in noir (tra cui "Come quando fuori piove" e "L'Ultimo Mojito") spesso in collaborazione con l’associazione Milano Nera. Collabora stabilmente con la compagnia Amici della prosa, di cui per anni è stato presidente. Con la sua Doppio Sogno progetti teatrali ha messo in scena, oltre a “Ci rivedremo ad Harvard”, “Migrantes”, la “Cantatrice calva”, il proprio oratorio “La via della croce” , "Ballata lirica", e il musical Parodia Pink Chicago


dal sito 
http://www.zam.it/

venerdì 12 aprile 2013

I fiori di Palazzeschi


I fiori

Non so perché quella sera,fossero i troppi profumi del banchetto...irrequietezza della primavera...un’indefinita pesantezza mi gravava sul petto,un vuoto infinito mi sentivo nel cuore...ero stanco, avvilito, di malumore.Non so perché, io non avea mangiato,e pure sentendomi sazio come un re digiuno ero come un mendico,chi sa perché?Non avevo preso parte alle allegre risate,ai parlar consueti degli amici gai o lieti,tutto m’era sembrato sconcio,tutto m’era parso osceno,non per un senso vano di moralità,che in me non c’è,e nessuno s’era curato di me,chi sa...O la sconcezza era in me...o c’era l’ultimo avanzo della purità.M’era, chi sa perché,sembrata quella sera terribilmente pesala gamba che la buona vicina di destra teneva sulla mia fino dalla minestra.E in fondo...non era che una vecchia usanza,vecchia quanto il mondo.La vicina di sinistra,chi sa perché,non mi aveva assestato che un colpetto alla fine del pranzo, al caffè;e ficcatomi in bocca mezzo confetto s’era voltata in là,quasi volendo dire:"ah!, ci sei anche te".

Quando tutti si furono alzati,e si furono sparpagliati negli angoli, pei vani delle finestre,sui divani di qualche romito salottino,io, non visto, scivolai nel giardino per prendere un po’ d’aria.E subito mi parve d’essere liberato,la freschezza dell’aria irruppe nel mio petto risolutamente,e il mio petto si sentì sollevato dalla vaga e ignota pena dopo i molti profumi della cena.Bella sera luminosa!Fresca, di primavera.Pura e serena.Milioni di stelle sembravano sorridere a morose dal firmamento quasi un’immane cupola d’argento.Come mi sentivo contento!Ampie, robuste piante dall’ombre generose,sotto voi passeggiare,sotto la vostra sana protezione obliare,ritrovare i nostri pensieri più cari,sognare casti ideali,sperare, sperare,dimenticare tutti i mali del mondo,degli uomini,peccati e debolezze, miserie, viltà,tutte le nefandezze;tra voi fiori sorridere,tra i vostri profumi soavi,angelica carezza di frescura,esseri puri della natura.Oh! com’ è bello sentirsi libero cittadino solo,nel cuore di un giardino.- Zz... Zz…- Che c’è?- Zz... Zz...- Chi è?M’avvicinai donde veniva il segnale,all’angolo del viale una rosa voluminosa si spampanava sulle spalle in maniera scandalosa il décolleté.- Non dico mica a te. Fo cenno a quel gruppo di bocciuoli che son sulla spalliera,ma non vale la pena.Magri affari stasera,questi bravi figliuoli non sono in vena.- Ma tu chi sei? Che fai?- Bella, sono una rosa,non m’hai ancora veduta?Sono una rosa e faccio la prostituta.- Te?- Io, sì, che male c’ è?- Una rosa!- Una rosa, perché? All’angolo del viale aspetto per guadagnarmi il pane, fo qualcosa di male?- Oh!- Che diavolo ti piglia?Credi che sien migliori,i fiori,in seno alla famiglia?Voltati, dietro a te,lo vedi quel cespuglio di quattro personcine,due grandi e due bambine?Due rose e due bocciuoli? Sono il padre, la madre, coi figlioli.Se la intendono... e bene,tra fratello e sorella,il padre se la fa colla figliola,la madre col figliolo...

Che cara famigliola!È ancor miglior partito farsi pagar l’amore a ore,che farsi maltrattare da un porco di marito. Quell’oca dell’ortensia,senza nessun costrutto,si fa sì finir tutto da quel coglione del girasole.Vedi quei due garofani al canto della strada?Come sono eleganti!Campano alle spalle delle loro amanti che fanno la puttana come me.- Oh! Oh!-  Oh! ciel che casi strani,due garofani ruffiani.E lo vedi quel giglio,lì, al ceppo di quel tiglio?Che arietta ingenua e casta!Ah! Ah! Lo vedi? È un pederasta.- No! No! Non più! Basta.- Mio caro, e ci posso far qualcosa io,se il giglio è pederasta,se puttana è la rosa?- Anche voi!- Che maraviglia!Lesbica è la vainiglia. E il narciso, quello specchio di candore,si masturba quando è in petto alle signore.- Anche voi!Candidi, azzurri, rosei,vellutati, profumati fiori...- E la violacciocca,fa certi lavoretti con la bocca...- Nell’ora sì fugace che v’è data...- E la modestissima violetta,beghina d’ogni fiore?Fa lunghe processioni di devozione al Signore,poi... all’ombra dell’erbetta,vedessi cosa mostra al ciclamino...povero lilli,è la più gran vergogna corrompere un bambino- misero pasto delle passioni.Levai la testa al cielo per trovare un respiro,mi sembrò dalle stelle pungermi malefici bisbigli,e il firmamento mi cadesse addosso come coltre di spilli.Prono mi gettai sulla terra bussando con tutto il corpo affranto:- Basta! Basta!Ho paura.Dio,abbi pietà dell’ultimo tuo figlio.Aprimi un nascondiglio fuori della natura!

Aldo Palazzeschi 

(da L'Incendiario)

venerdì 5 aprile 2013

Una modesta proposta che mira a impedire che i bambini irlandesi siano a carico dei loro genitori o del loro paese e a renderli utili alla comunità


J. Swift. Scritta nel 1729

È cosa ben triste, per quanti passano per questa grande città o viaggiano per il nostro Paese, vedere le strade, sia in città, sia fuori, e le porte delle capanne, affollate di donne che domandano l’elemosina seguite da tre, quattro o sei bambini tutti vestiti di stracci, e che importunano cosí i passanti. Queste madri, invece di avere la possibilità di lavorare e di guadagnarsi onestamente da vivere, sono costrette a passare tutto il loro tempo andando in giro ad elemosinare il pane per i loro infelici bambini, i quali, una volta cresciuti, diventano ladri per mancanza di lavoro, o lasciano il loro amato Paese natio per andarsene a combattere per il pretendente al trono di Spagna, o per offrirsi in vendita ai Barbados.
Penso che tutti i partiti siano d’accordo sul fatto che tutti questi bambini, in quantità enorme, che si vedono in braccio o sulla schiena o alle calcagna della madre e spesso del padre, costituiscono un serio motivo di lamentela, in aggiunta a tanti altri, nelle attuali deplorevoli condizioni di questo Regno; e, quindi, chiunque sapesse trovare un metodo onesto, facile e poco costoso, atto a rendere questi bambini parte sana ed utile della comunità, acquisterebbe tali meriti presso l’intera società, che gli verrebbe innalzato un monumento come salvatore del paese.
Io tuttavia non intendo preoccuparmi soltanto dei bambini dei mendicanti di professione, ma vado ben oltre: voglio prendere in considerazione tutti i bambini di una certa età, i quali siano nati da genitori in realtà altrettanto incapaci di provvedere a loro, di quelli che chiedono l’elemosina per le strade.
Per parte mia, dopo aver riflettuto per molti anni su questo tema importante ed aver considerato attentamente i vari progetti presentati da altri, mi son reso conto che vi erano in essi grossolani errori di calcolo. é vero, un bambino appena partorito dalla madre può nutrirsi del suo latte per un intero anno solare con l’aggiunta di pochi altri alimenti, per un valore massimo di spesa non eccedente i due scellini, somma sostituibile con l’equivalente in avanzi di cibo, che la madre si può certamente procurare nella sua legittima professione di mendicante; ma è appunto quando hanno l’età di un anno che io propongo di provvedere a loro in modo tale che, anziché essere di peso ai genitori o alla parrocchia, o essere a corto di cibo e di vestiti per il resto della vita, contribuiranno invece alla nutrizione e in parte al vestiario di migliaia di persone.
Un altro grande vantaggio del mio progetto sta nel fatto che esso impedirà gli aborti procurati e l’orribile abitudine, che hanno le donne, di uccidere i loro bambini bastardi; abitudine, ahimè, troppo comune fra di noi; si sacrificano cosí queste povere creature innocenti, io credo, piú per evitare le spese che la vergogna, ed è cosa, questa, che muoverebbe a lacrime di compassione anche il cuore piú barbaro ed inumano.
Di solito si calcola che la popolazione di questo Regno sia attorno al milione e mezzo, ed io faccio conto che, su questa cifra, vi possano essere circa duecentomila coppie, nelle quali la moglie sia in grado di mettere al mondo figli; da queste tolgo trentamila, che sono in grado di mantenere i figli, anche se temo che non possano essere tante, nelle attuali condizioni di miseria; ma, pur concedendo questa cifra, restano centosettantamila donne feconde. Ne tolgo ancora cinquantamila, tenendo conto delle donne che non portano a termine la gravidanza o che perdono i bambini per incidenti o malattia entro il primo anno. Restano, nati ogni anno da genitori poveri, centoventimila bambini. Ed ecco la domanda: come è possibile allevare questa moltitudine di bambini, e provvedere loro? Come abbiamo già visto, nella situazione attuale questo è assolutamente impossibile, usando tutti i metodi finora proposti. Infatti non possiamo impiegarli né come artigiani, né come agricoltori, perché noi non costruiamo case (intendo dire in campagna), né coltiviamo la terra; ed essi possono ben di rado guadagnarsi da vivere rubando finché non arrivano all’età di sei anni, salvo che non posseggano doti particolari; anche se, lo debbo ammettere, imparano i rudimenti molto prima di quell’età. Ma in questo periodo essi possono essere considerati propriamente solo degli apprendisti, come mi ha spiegato un personaggio eminente della contea di Cavan; il quale appunto mi ha dichiarato che non gli capitò mai di imbattersi in piú di uno o due casi al di sotto dell’età di sei anni, pur in una parte del Regno tanto rinomata per la precocità in quest’arte.
I nostri commercianti mi hanno assicurato che i ragazzi e le ragazze al disotto dei dodici anni non costituiscono merce vendibile, e che anche quando arrivano a questa età non rendono piú di tre sterline o, al massimo, tre sterline e mezza corona, al mercato; il che non può recar profitto né ai genitori né al Regno, dato che la spesa per nutrirli e vestirli, sia pure di stracci, è stata di almeno quattro volte superiore.
Io quindi presenterò ora, umilmente, le mie proposte che, voglio sperare, non solleveranno la minima obiezione.
Un Americano, mia conoscenza di Londra, uomo molto istruito, mi ha assicurato che un infante sano e ben allattato all’età di un anno è il cibo piú delizioso, sano e nutriente che si possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragú.
Espongo allora alla considerazione del pubblico che, dei centoventimila bambini già calcolati, ventimila possono essere riservati alla riproduzione della specie, dei quali sono un quarto maschi, il che è piú di quanto non si conceda ai montoni, ai buoi ed ai maiali; ed il motivo è che questi bambini sono di rado frutto del matrimonio, particolare questo che i nostri selvaggi non tengono in grande considerazione, e, di conseguenza, un maschio potrà bastare a quattro femmine. I rimanenti centomila, all’età di un anno potranno essere messi in vendita a persone di qualità e di censo in tutto il Regno, avendo cura di avvertire la madre di farli poppare abbondantemente l’ultimo mese, in modo da renderli rotondetti e paffutelli, pronti per una buona tavola. Un bambino renderà due piatti per un ricevimento di amici; quando la famiglia pranzerà da sola, il quarto anteriore o posteriore sarà un piatto di ragionevoli dimensioni e, stagionato, con un po’ di pepe e sale, sarà ottimo bollito al quarto giorno, specialmente d’inverno.
Ho calcolato che, in media, un bambino appena nato venga a pesare dodici libbre e che in un anno solare, se nutrito passabilmente, arrivi a ventotto.
Ammetto che questo cibo verrà a costare un po’ caro, e sarà quindi adattissimo ai proprietari terrieri, i quali sembra possano vantare il maggior diritto sui bambini, dal momento che hanno già divorato la maggior parte dei genitori.
La carne di bambino sarà di stagione per tutta la durata dell’anno, ma sarà piú abbondante in marzo, e un po’ prima dell’inizio e dopo la fine di quel mese. Ci informa infatti un autore serissimo [Rabelais], eminente medico francese, che, essendo il pesce una dieta favorevole alla prolificità, nei paesi cattolici ci sono piú bambini nati circa nove mesi dopo la Quaresima di quanti non ce ne siano in qualunque altro periodo dell’anno; di conseguenza, un anno dopo la Quaresima il mercato sarà piú fornito del solito, perché il numero dei bambini dei Papisti è almeno di tre contro uno, in questo paese; ricaveremo quindi parallelamente un altro vantaggio, quello di far diminuire il numero dei Papisti in casa nostra.
Ho già calcolato che il costo di allevamento per un infante di mendicanti (nella quale categoria faccio entrare tutti i contadini, i braccianti ed i quattro quinti dei mezzadri) è di circa due scellini all’anno, stracci inclusi; ed io penso che nessun signore si lamenterà di pagare dieci scellini il corpo di un bambino ben grasso che, come ho già detto, può fornire quattro piatti di ottima carne nutriente per quando abbia a pranzo qualche amico di gusti difficili, da solo o con la famiglia. Il proprietario di campagna imparerà cosí ad essere un buon padrone ed acquisterà popolarità fra gli affittuari, la madre avrà dieci scellini di profitto netto e sarà in condizione di lavorare finché genererà un altro bambino.
I piú parsimoniosi (ed io confesso che la nostra epoca ne ha bisogno) potrebbero scuoiare il corpo, la cui pelle, trattata artificialmente, dà meravigliosi guanti per signora e stivaletti estivi per signori eleganti.
Per quanto concerne la nostra città di Dublino, nelle parti piú acconce, potrebbero apprestarsi mattatoi per codesta bisogna; e possiamo star certi che non mancheranno i macellai; anche se io vorrei raccomandare di comperar vivi i bambini e di prepararli caldi, appena finito di usare il coltello, come si fa per arrostire i maiali.
Una degnissima persona, che ama veramente il suo Paese, e le cui virtú tengo in grande considerazione, si compiacque di recente, parlando di questo argomento, di suggerire un perfezionamento al mio progetto. Egli diceva che, dal momento che molti gentiluomini del Regno in questi ultimi tempi hanno distrutto la selvaggina, pensava che sarebbe stato possibile ovviare alla mancanza di cacciagione procurando corpi di giovinetti e fanciulle non al di sopra dei quattordici anni e non al di sotto dei dodici: dato che tanto sono quelli, sia dell’uno che dell’altro sesso, che sono avviati a morire di fame per mancanza di lavoro o di assistenza: ed i genitori, se ancora in vita, oppure i parenti piú prossimi, sarebbero ben lieti di liberarsi di loro. Tuttavia, pur con tutta la deferenza per un cosí eccellente amico e per un patriota di tanto merito, non posso essere completamente d’accordo con lui. Per quanto riguarda i maschi, un Americano di mia conoscenza, che ha avuto modo di farne esperienza frequente, mi ha assicurato che la carne era generalmente magra e coriacea come quella dei nostri scolari, a cagione del troppo esercizio fisico, e che il sapore era sgradevole e non valeva la pena di ingrassarli. Per quanto riguarda le femmine poi, io sono umilmente del parere che in questo modo si procurerebbe un danno alla comunità intera, perché tra breve esse sarebbero divenute feconde. D’altra parte non improbabile che persone scrupolose possano criticare severamente una pratica di questo genere (benché del tutto ingiustamente, com’è ovvio), considerandola come qualcosa che rasenti la crudeltà; e confesso che, nel caso mio, questa è sempre stata la piú forte obiezione ad ogni progetto, anche se presentato con le migliori intenzioni.
Ma debbo dire, a giustificazione del mio amico, che egli mi confessò che questo espediente gli fu suggerito dal famoso Salmanazar, nativo dell’isola di Formosa, il quale venne a Londra piú di venti anni fa e, parlando con lui, gli disse che al suo Paese, quando accadeva che qualche giovane fosse condannato a morte, il boia vendeva il cadavere a qualche personaggio importante, come leccornia di prima qualità, e che, ai suoi tempi, il corpo di una ragazza paffutella sui quindici anni, che era stata crocifissa per tentato avvelenamento del re, era stato venduto al primo ministro di Sua Maestà Imperiale e ad altri grandi mandarini della corte, a fette, appena tolta dalla forca, per quattrocento corone. Effettivamente, non posso negare che se si facesse la stessa cosa con parecchie ragazze ben nutrite di questa città, le quali, senza un soldo in loro possesso, non vanno fuori di casa se non in portantina, e si fanno vedere a teatro ed alle riunioni coperte di abiti vistosi venuti dall’estero, che non saranno mai loro a pagare, il Regno non andrebbe certo avanti peggio di ora.
Alcune persone, portate allo scoraggiamento, si preoccupano molto della grande quantità di poveri in età avanzata, ammalati e storpi, e mi si è chiesto di indirizzare le mie riflessioni alla ricerca di metodi atti a sollevare la nazione di un peso tanto gravoso. Però questa faccenda non mi preoccupa punto, perché è noto che muoiono e vanno in putrefazione ogni giorno per freddo e fame, per la sporcizia ed i pidocchi, con una rapidità che si può considerare ragionevole. Quanto ai braccianti piú giovani, va detto che la loro attuale situazione non offre maggiori speranze. Non possono trovare lavoro e, di conseguenza, deperiscono per mancanza di nutrizione, a tal segno che, se viene loro affidato un qualsiasi comune lavoro, non sono in grado di farlo: e cosí il Paese e loro stessi vengono ad essere felicemente liberati dei mali a venire.
La digressione è stata troppo lunga, e quindi ora torno al mio argomento. Io ritengo che i vantaggi offerti dalla mia proposta siano molti e piú che evidenti, ed anche della massima importanza.
Primo: come ho già osservato, diminuirebbe enormemente il numero dei Papisti dai quali siamo infestati annualmente, dato che, nella nazione, sono quelli che fanno piú figli, oltre ad essere i nostri nemici piú pericolosi; e se restano in Patria, lo fanno di proposito, per consegnare il Regno al Pretendente, sperando di trarre vantaggio dall’assenza di tanti buoni protestanti, che hanno preferito abbandonare il loro Paese piuttosto che starsene a casa a pagare le decime contro coscienza ad un coadiutore del vescovo.
Secondo: i poveri affittuari avranno dei beni di loro proprietà che, per legge, potranno essere resi suscettibili di sequestro ed aiutare a pagare l’affitto al padrone, dal momento che grano e bestiame sono già stati confiscati ed il denaro è cosa del tutto sconosciuta.
Terzo: previsto che il mantenimento di circa centomila bambini dai due anni in su non può essere calcolato di un costo inferiore a dieci scellini l’anno per ogni capo, il patrimonio della nazione aumenterà in questo modo di cinquantamila sterline l’anno, senza tener conto della nuova pietanza introdotta nelle mense di tutti i signori del Regno che siano di gusti raffinati; ed il denaro circolerà fra di noi, essendo l’articolo completamente di nostra produzione e lavorazione.
Quarto: i produttori regolari, oltre al guadagno di otto scellini buoni, ottenuti annualmente con la vendita dei bambini, si libereranno del peso di mantenerli dopo il primo anno di età.
Quinto: questa nuova pietanza porterà anche molti consumatori alle taverne, e gli osti avranno certamente la precauzione di procurarsi le migliori ricette per prepararla alla perfezione; quindi i loro locali saranno frequentati da tutti i signori di rango, che giustamente vengono valutati in base alla conoscenza che hanno della buona cucina; ed un cuoco esperto, che sappia come conquistarsi il favore della clientela, farà in modo di mantenere un prezzo che li saprà soddisfare.
Sesto: si avrebbe un grande incoraggiamento al matrimonio, che tutte le nazioni di buon senso hanno cercato di favorire con premi, o imposto con leggi ed ammende. Aumenterebbe la cura e la tenerezza delle madri per i bambini, quando fossero sicure di una sistemazione certa sin dall’inizio, e procurata in qualche modo dalla comunità a loro annuo profitto, anziché, a loro carico; e ben presto avremmo modo di vedere un’onesta emulazione fra le donne sposate nel portare al mercato il bambino piú grasso. Gli uomini, durante la gravidanza della moglie, le sarebbero affezionati tanto quanto lo sono ora alla cavalla, alla mucca o la scrofa prossima a figliare, né la minaccerebbero di pugni e di calci (cosa purtroppo frequente nella pratica), per timore di un aborto.
Potrebbero elencarsi molti altri vantaggi. Ad esempio, l’aumento di qualche migliaio di esemplari nella nostra esportazione di manzo in barile, la maggior diffusione della carne di porco, ed un miglioramento nell’arte di fare il buon prosciutto che si trova in quantità tanto scarsa a cagione del grande consumo che facciamo di maialini da latte, una pietanza troppo frequente nelle nostre mense che tuttavia non è neppure alla lontana paragonabile, sia per il sapore sia per la figura che fa, a quella fornita da un bambino di un anno, grasso e ben pasciuto: il quale, arrostito intero, farà una splendida figura alla festa del sindaco della città o a qualsiasi altro ricevimento pubblico. Ma questo ed altro voglio tralasciare, preoccupandomi di esser conciso.
Supponendo che mille famiglie in questa città comperino costantemente carne di bambino, in aggiunta ad altri che potrebbero acquistarla in liete circostanze, particolarmente per i matrimoni e per i battesimi, calcolo che Dublino consumerebbe annualmente circa ventimila esemplari, ed il resto del Regno (in cui probabilmente verrebbe venduta ad un prezzo lievemente inferiore) i rimanenti ventimila.
Io non prevedo obiezione possibile alla mia proposta, a meno che non si insista nel dire che la popolazione del Regno in questo modo dimunuirebbe notevolmente. Lo ammetto ben volentieri, ed è questo, di fatto, uno degli scopi principali della mia proposta. Prego il lettore di osservare che il mio rimedio è destinato soltanto ed unicamente a questo Regno d’Irlanda e a nessun altro che sia mai esistito, che esista o abbia ad esistere nel futuro sulla terra. Che quindi non mi si parli di altri espedienti: di tassare di cinque scellini la sterlina i proprietari che non si curano delle loro terre; di non usare abiti o mobili di casa che non siano di nostra produzione e lavorazione; di respingere tutti i materiali e gli strumenti che favoriscano il lusso straniero; di guarire le nostre donne dalla mania delle spese che fanno per orgoglio, vanità, pigrizia e passione del gioco; di introdurre una vena di parsimonia, prudenza e temperanza; di imparare ad amare il nostro Paese, cosa in cui siamo diversi persino dai Lapponi e dagli abitanti di Topinambu; di abbandonare la nostra animosità e la faziosità, e di non comportarci piú come gli Ebrei, che si scannavano l’un l’altro persino nel momento in cui la loro città veniva presa; di stare un po’ piú attenti a non vendere il nostro Paese e la nostra coscienza per niente; di insegnare ai proprietari ad avere almeno un po’ di pietà per i loro affittuari. Infine, di far entrare un po’ di onestà, di operosità e di capacità nello spirito dei nostri bottegai i quali, se potesse ora esser presa la decisione di comprare soltanto merce nostra, si unirebbero immediatamente per imbrogliarci e ricattarci sul prezzo, sulla misura e sulla qualità, né si sono mai potuti indurre a fare qualche proposta commerciale onesta e decente, nonostante siano stati spesso e calorosamente invitati.
Pertanto, ripeto, che nessuno venga a parlarmi di questi espedienti o di altri del genere, finché non abbia almeno un barlume di speranza che vi possa essere qualche generoso e sincero tentativo di metterli in pratica.
Quanto a me, stanco com’ero di offrirvi utopie inutili ed oziose, alla fine disperavo ormai del successo: quando per fortuna mi è venuta in mente questa proposta che, essendo interamente nuova, presenta alcunché di solido e di concreto, è di nessuna spesa e di poco disturbo, rientra pienamente nelle nostre possibilità di attuazione, e non fa correre il rischio di recar torto all’Inghilterra. Infatti questo tipo di merce non tollera l’esportazione, perché la carne è di consistenza troppo tenera per consentire una lunga durata nel sale; anche se forse io potrei nominare un Paese che sarebbe ben contento di mangiarsi per intero tutta la nostra nazione anche senza questo condimento.
Dopo tutto, non sono cosí tenacemente avvinto alla mia idea da rifiutare qualsiasi proposta che venga fatta da persone di buon senso, che sia altrettanto innocente, facile da mettersi in pratica, efficace e di poco costo. Ma prima che qualcosa del genere venga presentato in concorrenza con il mio progetto, offrendo qualcosa di meglio, desidero che l’autore, o gli autori, abbiano la cortesia di ponderare a lungo due punti. Primo: stando le cose come stanno, come potranno trovare cibo e vestiti per centomila bocche e spalle inutili. Secondo: esiste in questo Regno circa un milione di creature in sembianze umane, le quali, pur mettendo insieme tutti i loro mezzi di sussistenza, resterebbero con un debito di due milioni di sterline; mettiamo i mendicanti di professione insieme con la massa di agricoltori, braccianti e giornalieri che, con le loro donne ed i bambini, sono mendicanti di fatto: ed io invito quei politici, ai quali non garba il mio progetto, e che forse avranno il coraggio di azzardare una risposta, ad andare a chiedere prima di tutto ai genitori di questi mortali se non pensino, oggi come oggi, che sarebbe stata una grande fortuna quella di essere andati in vendita come cibo di qualità all’età di un anno, alla maniera da me descritta, evitando cosí tutta una serie di disgrazie come quelle da loro patite, per l’oppressione dei padroni, l’impossibilità di pagare l’affitto senza aver denaro o commerci di qualche sorta, la mancanza dei mezzi piú elementari di sussistenza, di abitazione e di abiti per ripararsi dalle intemperie, con la prospettiva inevitabile di lasciare per sempre in eredità alla loro discendenza questi medesimi triboli, se non peggiori.
Dichiaro con tutta la sincerità del mio cuore che non ho il minimo interesse personale a cercar di promuovere quest’opera necessaria e che non sono mosso da altro motivo che il bene generale del mio Paese, nel miglioramento dei nostri commerci, nell’assistenza ai piccoli e l’aiuto ai bisognosi, e nella possibilità di offrire qualche piacevole passatempo agli abbienti. Io non ho bambini dai quali posso propormi di ricavare qualche soldo: il piú piccolo ha nove anni, e mia moglie ha ormai passata l’età di averne ancora.